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Pubblicata il 03/05/2005
Nel cor del arena, mesto poni il guardo
al cospetto del carnefice
in vesti strambe e dal sorriso beffardo.

Costui della fine tua ne sarà l’artefice,
a te innanzi contrappon la testa
e punta la tua mole col suo indice.

Ti rivolge l’occhio e resta
con piglio giocondo, frattanto
muove la cappa con mano lesta

e sferza la lancia sul tuo manto;
del leggendar gladiator ne emula le gesta
e ad ogni piaga sul tuo corpo, vanto

se ne fa tra la folla in festa,
in delirio al mirar di un tal affranto.
Resti solenne, solo, nel cor di codesta

rena , a fissar col volto in pianto
il giullar che si diverte a scuoiar le tue vesti.
Ti muovi contro , per un momento

A cercar la cagion dell’ira, sì t’appresti
A caricar la cappa del gradasso,
e col cor di collera colmo, assesti

un paio di capocciate sul drappo rosso;
ma niuna d’esse giungerà al suo scopo;
anzi, da un paio di dardi in più, sarai scosso.

Il sangue sgorga dalle tue spoglie, e il loco
donde le tue zampe lascian impronta,
di color rosso si impregna non poco.

Siccome a specchiar una tal onta,
Il ciel azzurro si tinge nero,
e una tetra aure l’aria sormonta;

Non molli mai, audace guerriero;
l' affanno, di vigoria ne spezza cotanta,
ma giammai l'alma del condottiero.

La forza nel tuo corpo non è più tanta
la tua enorme mole claudicante,
fissa nella sabbia si impianta;

e aspetta invano che un imponente
fil di vita dal ventre fuoriesca;
pronto a sferzar la tua testa forzatamente,

e col piglio affranto, e come un esca,
resti a mirar il tuo spauracchio,
che col danzar, lo strepito della folla s'adesca.

E ancora volto alla platea, provi a cercar l'occhio ,
che per le piaghe tue si incupisca funesto:
resti impietrito, frattanto, come un fantoccio.

Ma niuno sguardo sembra mesto,
e dalla tua parte, anzi,
non cogli neppure un gesto.

Ma d'improvviso un muggito avanzi
, e Un fil di ira la tua mole resuscita
che tanto martoriata fu dianzi.

Sicchè un bellicoso fervore, ti ridà la vita
, e del tuo titanico corpo diventa parte,
spingendoti, con collera che esorbita,

sull' artefice della tua morte,
ma, ahimè, che triste legge,
ancor ti toccherà la mala sorte:

il giullare i tuoi colpi sfugge,
e l'ennesima cuspide maligna
al tuo corpo arruffato infligge.

Via Via la rena si impregna
,e s'impressiona in modo ultreriore
di questa tragedia indegna:

sangue, lacrime e sudore
sono i colori che in un ammasso
zampillano dal tuo cuore.

Intanto degli atti siamo all’ultimo lasso
Il tuo corpo, oramai malamente,
invano riesce a compiere un passo.

Il tuo nemico innanzi a te, inesorabilmente,
sfascia la spada dalla muleta, e con far avido
è in cerca dell’affronto finale al tuo corpo morente.

con affanno e Col cor di dolor gravido
resti immobile in tempra d’acciaio, pertanto,
senza timore e collo spiro impavido.

L' ultimo muggito rintona uno stridulo canto,
il tuo corpo tartassato si move perennemente,
con incredula energia dopo tanto tormento.

Ad un mercante col suo claudicare incessante
pel fardello che sulle spalle sostiene,
sì si confà il tuo corpo agonizzante.

Sulle gambe tremanti il corpo ritto per poco si mantiene,
e alla mente tua un'amalgama
di immagini, in un turbine confuso sovviene.

Ed ecco l'ultimo spunto che il tuo voler proclama!
Il carnefice punti una volta ancora,
ma ei lesto, in un unico gesto, la lama,

al tuo cor afflitto oltremisura,
affonda prontamente
senza indugio e senza cura.

Cadi al suolo pesantemente,
e nel tuo giaciglio eterno
ti accovacci soavemente;

non più dolore, né più inferno
le tue spoglie dovran soffrire;
né più sberleffi, né più scherno

il tuo morale dovrà subire.
Il silenzio si erge imperatore,
ma sol pria che si possa sentire

il gaio tripudio dagli spalti cominciare.
Tu, immoto nel tuo sangue,
il tetro dipinto nella sabbia finisci d'adornare.

Temerario mastodonte, caduto esangue,
per la tua esistenza lottasti con onore,
e giammai la tua fine , il tuo coraggio estingue.

Dagli spalti, la folla con ardore,
tra gli allori pone il suo eroe con le sue gesta,
contrapposto al silenzio del tuo eterno sopore

che pare strillare sì tanto, che il boato di festa
appare siccome ammutolito
al cospetto di quella quiete funesta.







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