C’ero quasi ma mi sono smarrito nel catino del tempo.
Io
cantore di pezza,
imbonitore di lampi
equilibrista su funi corrucciate,
ricamatore di sangue raggrumato
mi sono smarrito
in mezzo al guado senza sponde
mentre mi accanivo a sciogliere quel nodo di palpiti dissoluti.
Reprimevo con idiozia
il pensiero che potesse spellarmi le mani
e invece mi martoriavo, la pelle screpolata, nello strofinare
lo scandire dei temporali.
Occultate cecità che ora disconosco
saggio e pallido
nella sfumatura ocra
della mia smorfia dormiente.