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Pubblicata il 03/12/2004
Una pagina bianca che mi preoccupo di dover riempire mi si para di nuovo di fronte, una vita che cresce, la mia, una catena di eventi di varia natura, e tutto sempre più lontano dalle sensazioni passate di quel ragazzo in estate che conoscevo.
La storia è un inesauribile motore ; può sembrare fermo e banale il trascorrere del tempo, eppure la storia è anche questo; la storia naviga inarrestabile nelle giornate dei diseredati, si introduce nel cartone bagnato di un barbone , lo tocca , lo desta da quello scomodo riposo , lo anima per una nuova giornata nel mondo, concedendogli in ogni risveglio la possibilità di un racconto di un’avventura , della sua intima esperienza quotidiana, dei suoi pensieri asciutti , liberi e di nessun prezzo, della fantasia più vivida emersa da un odore, da una scarpa lucente, da una sirena della POLIZIA, da un bambino che lo guarda curioso e triste, dalla sua immagine riflessa in un vetro e dal cielo, fedele compagno di una vita.
La storia, apre le porte dei segreti di stato, da un umido scalino di un porticato, si trasforma in uccello e sale nell’aria, scrutando le nostre ridicole frenesie, il correre malefico dell’ultima esistenza, la rabbia della più stupida stupidità, delle persone che raramente vivono di vita, tese a voler quotidianamente dimostrare la propria intransigenza, a mettere in mostra l’indifferenza più acuta, persone che sembrano di carne e sangue, che sembrano ma che più non sono.
Il volo della storia è ora al sesto piano di un palazzo al centro di ROMA, si ferma sul davanzale di una finestra, entra, si scuote le ali dalla pioggia, osserva la stanza, ben arredata, le sue pareti sono dense di specchi e di pitture antiche, il soffitto e anch’esso apparentemente antico, dominato da scure travi in legno che forse ben si addicono con le masserizie sottostanti, poi d’improvviso una voce spacca il silenzio di quella stanza-museo, un tono gracchiante ed ambiguo la contraddistingue, una di quelle tonalità di voci che pensi sempre siano sull’orlo di un pianto isterico; la figura che la porta in se è ancora più malinconica, un uomo spento ed autodolente si para di fronte alla storia, la sua vita è un telefono cellulare auricolare, un comò di camice inamidate apparentemente di un unico colore, un autista autolesionista, sfiduciato dalle capacità del suo cervello che forse nemmeno sa di avere.
Due esistenze contrapposte agli occhi della storia in una qualsiasi mattina di un qualsiasi giorno, fisicamente CARTONE e LEGNO, colori sbiaditi e colori dimenticati, insuccesso della libertà e vittoria dell’apatia.
Due anime sotto lo stesso cielo, divise solo.. da cicli di eventi.. terreni.
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