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Pubblicata il 18/05/2004
Sudicio e con la veste lacera
svuotato e stanco del tempo
mi siedo ad aspettar paziente
un carro tirato a lucido.
Stendo i miei resti umani
sopra una screpolata panca
poi volgo lo sguardo all’insù
trovandovi un cielo incolore.
Un randagio spelacchiato
s’avvicina barcollando
mi fissa e lì s’accovaccia
a due passi da un suo simile.
Sereni insieme aspettiamo.
Ed è lui a far la prima mossa.
Sulla mia mano la sento
scorrer la sua lingua ruvida
una carezza forse cercando
e negargliela io non posso.
Caro amico sconosciuto
ora compagno di sventura
non sentirti a me inferiore
scodinzolando la tua gioia.
In fondo il mio vecchio cuore
è ancor più randagio di te
però dalla vita io amor ho avuto
tu forse soltanto bastonate
hai sofferto i morsi della fame
le intemperie delle stagioni
giungendo qui prematuramente.
Lascia che sia io a sdraiarmi
accanto a te nell’erba fresca
ora sento del tuo respiro l’affanno
un rantolo simile alla mia voce.
Chiudiamo la porta al dolore
pensiamo ai tempi andati
quando piccini e spensierati…
Che fai? Già ti sei appisolato?
D’accordo! Dormirò un po’ anch’io.
Quel viaggio lo possiamo rimandare.

Saby 2004

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Jul

Ciao Cesare sensibile: negli sguardi degli animali randagi si ritrova il mistero divino e la malinconia dei nostri vagabondaggi dell'anima.
Un abbraccio amichevole e sentito.
Giulia

il 22/05/2004 alle 20:38

Grazie cara Giulia, il tuo commento è bellissimo e appropriato come sempre!!
Un abbraccio forte forte
Cesare

il 23/05/2004 alle 08:49

e' troppo triste da commentare..:-))..LUnetta

il 25/05/2004 alle 18:01

Bel commento complimenti! Hehehe, non hai percepito il messaggio che c'è dentro che parla dei tanti tipi di amore che l'uomo o la sua "intelligenza" trascura.
Un besito
Cesare

il 25/05/2004 alle 18:49