Mi trovo nel bel mezzo
di gennaio
e nulla è cambiato
rispetto la mia vita
precedente.
Una febbre di autodistruzione
mi assale,
coscienza mi detta
di prendermi cura
del mio misero indumento:
corpo.
Nessuno mi rivolge
quella parola fatidica,
quella che mi scuote le membra
e mi scalda le ossa
da questo inferno
di ghiaccio appuntito.
Un vago aiuto
dai meandri
del mio labirinto protetto,
mi consiglia di raccogliere
ciò che ho seminato
e di guardarmi sempre avanti
imperterrita
sguardo rivolto al futuro,
con speranza
che accartoccia lo stomaco
ma che mi dà forza di vomitare
e continuare.