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Pubblicata il 17/08/2003
E' il vento che mi urla contro
e si sfracella urtando i vetri
per sfidarmi.
Vince chi mi fa più male.
Bevo il tempo come ambrosia,
ma è solo assenzio
quel verde putrido dei miei occhi
mentre la primavera gocciola
ancora timida, ancora viva,
senza che io possa vederla
perché ho la tua immagine
igniettata nel cervello.
Posso ancora sentire
il lavorio, però,
della dinamo che ho nel petto
che tu hai innescato
in ore ancora invernali.
Sterili indizi
rendono colpevole la mia speranza
di essere sicura che ti avrò.
Allora la mia anima sublima
ad ogni contatto
librando fogie di lana
che il vento mi infuria contro
perdendo ogni loro cellula di dolcezza.
Nessun eden é il mio asilo
se non il tuo.
Ovvio...Vince sempre lui: il vento.
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