- No, figlio, non so
quale via percorra il mare muto,
o gli inferi profondi, o le vene
del delfico loto,
e giunga ad Itaca diletta,
ad Itaca petrosa.
So solo del giardino soffocato di pietre
che mi donò l’abisso,
queste pietre che il vento già morto
mutila nel giorno -.
- Vedi, figlio: una ha forma di grembo gonfio,
un’altra è lata e fredda e livida,
ed è uno specchio volto al niente,
o, se credi, una vela trigona
morta al vento morto
e questa, in fine,
vasta e vuota e vecchia e senza forma,
scavata nei millenni con furia e senza senso -.
- Idoli acefali, che il vento sfigurò?
Solo pietre, solamente.
Non pregarmi per la bianca chioma
e per il ventre vizzo di vergine
e per i solchi freddi
che i vecchi inverni vangarono
sul grigio volto insterilito...
...non pregarmi, figlio, non so.
Il mare muto suona
del respiro dei naufraghi, miei figli,
e mio dono ospitale è il non sapere -.
- Osserva, figlio:
i miei buoi,
come vecchi inverni,
vangano un solco freddo
nella grigia terra isterilita.
I miei buoi
vangano un solco freddo
nel solstizio che pare senza fine,
muggendo al sole rosso così come si conforta
un morente antico e intestardito, senza senso.
I miei buoi
vangano un solco freddo
con sudore obliato e sangue rappreso,
traggono dimentichi l’aratro avito
all’orizzonte senza voltare il capo.
I miei buoi
vangano un solco freddo
finché venga il crepuscolo santo
e scacci lo spettro del vento
e si sgravino in polvere grigia
le rocce gravi di menzogne
e sia gravida la terra polverosa
di noi tutti
come di morti non nati.
I miei buoi, figlio, furono un tempo
come sei tu
-hanno sguardi d’uomo -
- Ora non più mietono
ciò che era:
solo il niente che sarà.
E t’osservano pietosi
-hanno sguardi d’uomo, ma di morto-
ora vangano un solco freddo.
Ora vangate un solco freddo.
forse, figlio, sarà come
se non t’abbia un padre dato un nome
e gli dei un’erma sfigurata per destino -.
Non vagiscono più, sono quietate
le vecchie creature, come pietre
che non sanguinano
mutile nel vento,
dormono i vecchi inverni
nel grembo della terra,
come secchi semi inariditi
che le feste ed i pianti ed i passi di Demetra
non trarranno nuovamente al sole,
alla maligna vita.
E Circe morirà bambina.