L’officina dei morti di fame
ai margini dell’ex-Brianza commerciale, oramai fitta di capannoni sfitti
si erge nella sporcizia, morale e materiale, degna di una fabbrica di catrame
l’Officina dei morti di fame.
sognando di avere creato un impero industriale degno d’un Ferrero
verrà ad accogliervi, all’entrata, in sella all’inseparabile muletto
un omino tutto nero, voncione cromatore, crapapelada col baffetto,
d’etimologia hitleriana, sdrucito maneggione finto burbero,
arricchito dai famosi anni ‘70 crestando su stipendi e tasse,
con cinque o sei operai scazzati a sbrogliare ogni tipo di sua impasse.
voncione il cromatore è l’arroganza dei dementi
che alzano la voce con i deboli leccando i culi dei potenti,
è sintesi dell’ignoranza dell’uomo che ha sempre in tasca una soluzione
truffare il fisco, fare nero, inquinare, scampando sempre la prigione,
grazie ad appoggi comunali e a un esercito di ragionieri, dotti consulenti,
vantandosi d’un’azienda che ha come massimi clienti
vecchi collezionisti di cianfrusaglie bisognosi di cromar bulloni.
pontifica su tutto, dalla contabilità semplificata alla calligrafia
e a scrivere un’email di tre righe, sgrammaticata, ci mette il tempo d’una serigrafia,
mischiando orografia e ortografia, voncione il cromatore,
confonde i monti con Tremonti, la valle con la torta
che si spartisce insieme al figlio Topgàn, maestro di gestione e controllo sulla carta,
la carta dei vini al ristorante, dove trascorre le giornate a non far niente.
chi si avvicini alla Cascina adotti massima attenzione
alla famiglia milionaria di voncione il cromatore,
capostipite, in un magazzino colmo di ciarpame,
dell’Officina dei morti di fame.
[Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, 2015]