Mi ritrovai tra aghi , fili e sonde,
circondato da un paio di sponde,
una culla sembrava avessero formato,
non mi illusi che bambino sarei tornato.
su di me un orologio dalla duplice lancetta,
un paio d'ore erano passate in fretta,
vari bip uditi a ripetizione,
medici che corrono con apprensione.
ogni tanto sentivo qualcosa gonfiare,
era un congegno atto a la pression misurare,
d'improvviso una fredda scia di vento,
qualcuno che passa veloce e poco contento.
sono immobile , fisso , inerte,
solo le palpebre prima chiuse e poi aperte,
intanto arriva un'infermiera che dal sudore gronda,
abbassa la sponda e toglie qualche sonda.
le sussurrai: " Vero che io non morirò?"
rispose: " Non fino a quando di turno io sarò!".
pensai che fosse più portata a far punture,
molto male le riuscivano le freddure.
ma lei si allontanò veloce,
richiamata da una dolente voce,
intanto arrivò un uomo che con mestiere,
mi prese e mi portò via come fa un corriere.
corridoi lunghi e curvi dagli angoli smussati,
segno che altri letti li avevano urtati,
ad un tratto anche il mio sentii strisciare,
contestualmente timide scuse udii sussurrare.
quella scossa in quel preciso momento,
certo non mi fece molto contento,
ma penso che seppur avessi proferito lamento,
non avrei sortito alcun cambio andamento.
lungo il tragitto gente dallo sguardo prono,
mi guarda come se fossi il Santo Patrono,
finalmente intravedo la mia sospirata stanza,
e l'infermier mi lascia lì portando con se la sua tracotanza.