Riflettevo e i dubbi si dissipavano… cosa mi sarebbe potuto succedere? Niente! assolutamente niente, era una manifestazione pacifica, dovevamo farci sentire, dovevamo farglielo capire che volevamo un governo democratico. Questo viaggio dovevamo pur farlo: "Consideralo una vacanza, Ana! mia sorella ci ospita. Quando saremmo lì decideremo se rimanere in casa, o scendere per strada. "disse la signora Alina. Intanto mia sorella ci teneva informati , poche parole al telefono ma si capiva che il clima era rovente. Arrivò l'alba della partenza. Un camion di piccole dimensioni, che serviva per il trasporto di frutta al mercato, ci portò alla stazione. La nebbia velava il bosco intorno, immerso in un silenzio irreale. Avevamo paura che qualcuno sbucasse all'improvviso e tutto finisse; l'autista andava piano, con circospezione, perché oltre al misero carico di frutta, portava nascosto sotto un telone Roman. Lo aveva deciso lui stesso di viaggiare nascosto, perché da alcuni giorni si sentiva spiato. Per fortuna tutto andò bene. Era ancora buio quando il treno partì. Non so quanto durò quel viaggio…Forse avevamo dormito, non so, avevamo tutti lo sguardo spento dalla stanchezza quando il treno si fermò. Ecco Timisoara! il cielo era grigio e la città bellissima, palazzi, case, strade larghe. Non credevo fosse così bella! Si sentiva nell'aria che qualcosa era successa. Tutti andavano di fretta, le persone passavano come automi avvolti nei capotti e con i capellini calati quasi sugli occhi. Forse la paura di essere riconosciuti. I parenti ci accolsero con affetto e con notizie che ci fecero capire che in ogni parte della Romania c'era in atto una vera insurrezione, una rivoluzione! Capii di essere in una casa di veri rivoluzionari. Ci raccontarono che la polizia aveva ucciso dei dimostranti e che durante una fiaccolata in suffragio delle persone uccise, poliziotti armati avevano sparato sulla folla. Non si sapeva niente di certo ma il 17 tutti gli abitanti di Timisoara sarebbero usciti per strada a chiedere il perché di tanta violenza e le dimissioni del dittatore. Nel palazzo, mi rendevo conto, che tutti si muovevano come fantasmi. Per tutto il giorno non si fece altro che discutere, veniva esaminato ogni punto con fervore , quasi pacato, per non distruggere quella tranquilla sicurezza che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Nessuno dormì quella notte, di giorno scendemmo in piazza decisi a manifestare pacificamente; in men che non si dica il corteo apparve come un fiume che con le sue acque invade gli spazi oltre l'argine, così la folla invase la piazza. Le persone uscivano in gruppo dalle case e il fiume s'ingrossava, fino a raggiungere la piena e a trascinare tutto ciò che gli veniva incontro. Uomini donne, ragazzi, bambini, voci, urla, slogan, tutti immersi in un freddo polare. Ma gli animi e i cuori si scaldavano e ci scaldavamo contagiati da quella energia. I visi paonazzi dal freddo, accentuavano il senso di rabbia che esplose. La polizia era arrivata con uno spiegamento di forze incredibile, elicotteri che sorvolavano il cielo, camionette con militari in assetto di guerra. Passò la voce che alcuni carri armati erano schierati alla periferia della città. Non so poi cosa successe, non mi resi conto che tutto stava precipitando. Io portavo Samuel in braccio, la signora Alina era alla mia destra e controllava continuamente Roman, che sembrava un diavolo scatenato. Alla mia sinistra camminavano gli altri parenti in preda ad uno stato di rabbia mentre urlavano: "Abbasso il Presidente! Romania libera!" La folla gridava: "Pane per i nostri figli, Vogliamo l'Europa, qui come a Budapest o a Varsavia, basta con la dittatura!" Poliziotti e soldati fecero insieme la prima carica, spararono e assaltarono gente inerme con le baionette. Siamo nelle prime file, nella calca, la folla si sposta per difendersi. Decine di persone restano sul terreno, alcuni svenuti, i più morti. Io vengo travolta schiacciata dalla folla che urla. Sono a terra, ho un forte dolore al braccio, gli spari continuano, si odono urla, lamenti rauchi, profondi. Ho l'impressione di essere inseguita da una mandria di bufali, vedevo rosso dovunque, tentavo di alzarmi ma non sentivo le gambe. Un uomo si chinò verso di me, speravo che mi aiutasse. Non avevo neppure la forza di gridare, sentivo che il respiro si fermava in gola e mi pareva di nuotare in un mare scuro, di perdere forza, di annegare. Sentivo cannonate, spari... ma io dov'ero? mio figlio dov'è? : " Ditemelo! Samuel! Samuel Alina!" gridavo. Poi tutto divenne buio. Non so quante ore sono rimasta svenuta per terra. Improvvisamente mi sono sentita leggera, stavo correndo incontro a Samuel, che rideva, rideva, io ero vestita con il mio primo abito di sartoria, la mia prima opera!. ai, che dolore! Non posso muovermi e quando apro gli occhi riconosco Alina che mi tiene teneramente la mano. "Tranquilla, sei in ospedale è tutto passato, il bambino sta bene, è a casa da mia sorella". Mi racconta tutto ciò che è successo. Ho un trauma cranico e toracico, fratture al femore dx e alla tibia sinistra. Mi hanno asportato la milza ma gli altri organi interni sono integri. Sono rimasta in coma per ore. La signora Alina mi racconta che durante la manifestazione avevano perso le mie tracce, mentre il bambino lo avevano individuato, piangente in braccio ad un signore. Merito anche del capotto giallo con cui era vestito e facilmente riconoscibile. Mi cercavano. Un caso strano e fortunato ad aver ritrovato prima il bambino e poi me. La sorella della signora aveva avuto l'intuito di cercarmi nell'ospedale poco distante al luogo degli scontri con la polizia. Fu lì che mi ritrovarono. Mi avevano cercato disperatamente, felici di avermi ritrovata viva. Non fu così per molti altri giovani. Da ciò che poi mi raccontarono, mi veniva difficile capacitarmi di come uomini, donne e bambini finirono schiacciati dai cingoli dei blindati o sventrati a colpi di baionetta. Mi riferirono anche di interi quartieri incendiati e distrutti dalle fiamme. La gente cercava di fare un muro umano contro i carri, qui e là autobus e filobus sbarravano la strada. I primi soldati esitavano, non osavano avanzare, poi con l'arrivo dei rinforzi e di ufficiali spietati la carneficina ebbe inizio, inseguivano chi scappava, a volte non sparavano nemmeno, li schiacciavano con i cingoli. La gente resisteva e la morte arrivava anche dal cielo: elicotteri da guerra sovrastavano ogni lamento e ogni grido Chiesi ad Alina di Roman e lei m’informò, con le lacrime agli occhi, che era partito con altri giovani a Bucarest , dove Ciausescu avrebbe parlato al popolo…il negoziato … il popolo o il regime… Il resto lo sapete è nella storia...
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