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Pubblicata il 28/01/2022
In principio era questa una lettera
nella quale qualcosa
ancora arrivava da vicino,
poi, letargica, s'allontanava.
Allora mi indignai, scarso era il colore
delle singole parole
e mi stupii della loro fregola
e degli uncini che lanciavano
sulle sartie del costrutto.
Tutto concorreva a slegare, sciogliere,
disorientare il senso profondo.
Non un solo moggio di campo
fu risparmiato in quel divagare irriverente,
non residuò metro, concessa non fu
una sola breve didascalia.
Le parole, come bolle virali,
non consentono di descrivere
l'acqua sporca che scorre
nelle vie di Belfast
o le gocce brevilinee
di sangue rappreso
nelle viuzze di Port-au-Prince.
Il mio divano è esposto ad est
e viene bagnato dal sorgere del sole,
le lenzuola asciugano ad ovest,
la mia testa è orientata a nord
e dovrebbe essere lambita
solamente da immagini d'istinto,
invece si affacciano ancora
sbiadite tracce di runa.
Le riconosco da lontano,
sono nuovamente
feti di lemmi sullo scivolo.
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La realtà, dopotutto, resta inspiegabile, incomprensibile: quelle sbiadite tracce di runa, quei feti di lemmi sullo scivolo sembrano così insistenti da far pensare ad una loro caparbia inconsistenza.

il 29/01/2022 alle 07:49

Eppure hanno un loro peso specifico, una immensa forza gravitazionale che assorbe la luce del pensiero sino a creare una realtà alternativa e cogente.

il 29/01/2022 alle 09:13