Malaugurata, figlia saturnia
partorita dall’acqua.
come possono le tue parole
abbuonare i fetidi inni
che l’indole riscopre? Taci.
le tue foreste, prima o poi,
incendieranno d’accidio
e non ne rimarrà ombra.
rinchiuditi, figlia del tutto,
fra lo spazio di quattro mura
sgualcite, intenerite,
è il tuo gemito l’unico a
rincorrerti, sino a quando
si spezzerà appesantito.
deprecabile sei e sarai,
tanto quanto l’atto dei tuoi;
ma nessuno ode, e tu
t’ami e ti detesti, amena.
hai ancora due mani, belle
ed una pelle liscia e
chiara, sebbene abbia sfidato
le brezze d’ogni paese.
il tintinnio della pioggia secca
suona sulle rocce rurali,
la voce infiamma, e sola tace.
figlia del creato, a me parlo
coi versi da debole recluta,
io t’amo d’un amore
mai stimato, t’amo.