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Pubblicata il 18/05/2020
C'era molto vento
e le canne frustavano sull'argine.
Nel cielo un offuscamento,
un'ovatta condensa
della stessa consistenza dell'albume.
Luce non luce, sole immaginato,
ambra variegata.
Quel giorno camminavi pèso
nell'arranco degli anni
affardellati da un cappotto
che ti portarono, affaticato e disorientato,
dall'ultimo barbiere.
Un "vagone volante" ronzava
con un'elica in bandiera
azzardando un atterraggio
che oggi sa di schianto
su quel campo maledetto
solo ieri fatto cemento,
oggi sperma crémisi, lordura raggelata.
Nel lume fioco che il nono mese regala
ti chiedo ancora di camminarmi a fianco
ma svelta ed inconsapevole entra
ancora una volta in scena
una Nadia Haro De Oliva ineluttabile,
inesorabile, inconsapevole,
travolgendo il pagliaccio
e le sue forme di carta
ed il sipario cala per sempre.
Avrei voluto camminarti ancora a fianco
ma non sorreggono le gambe,
il cuore non ascolta i suoi ultimi battiti,
argine e ambra non sono più condivisi.
Che l'Agnello
a cui nessun osso
può essere spezzato
ci ricongiunga.
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