Saigon 1968...ci proponi sempre poesie intense, particolari, fatti reali di luoghi e situazioni sospesi tra il dolore e la pietà.
E' solo condivisione del dolore. Prima di scriverla ho fatto un vuoto mentale ed ho rallentato i battiti cardiaci. Non è facile perchè, senza esperienza, si rischia il non ritorno. Quando si rientra ti ritrovi accanto la pietà ed i colletti bianchi delle tortore, e le tigri non fanno più paura. Poi, vicinanze lontane scaldano quel che residua del cuore e vai avanti, sino al termine prefissato.
mi sono persa in ciò che dettagliatamente hai trascritto.....certe esperienze vengono recepite da chi ,come te .può averle vissute.....
Sono impressionato. Agisci su registri diversi con incredibile naturalezza. Al di fuori della poesia, sono intrigatissimo dal rallentamento dei battiti, ma probabilmente questa non è la sede adatta.
Non è frutto di Yoga, una sciocchezza commerciale, nè di sostegni artificiali. Mi sento semplicemente sempre più "orientale". Di occidentale mi sono rimaste le ultime propaggini prossime agli Urali, i silenzi carichi, i baci formali sulle labbra tra uomini (vedi Breznev-Ulbricht) pur essendo assolutamente etero, i bicchieri svuotati e lanciati dietro le spalle. Ricordo una risposta data ad un arrogante yankee: la Cina sarà anche una tigre di carta ma ha denti atomici.