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Pubblicata il 04/03/2017
Vengo a celebrarmi le ferite
su snodi semantici
di parole non contigue
che mi disegnino la mappa.

enjambement che separino
i termini con l'accapo
lasciando il soggetto appostato.

quando ciò che vale
é quel che lo qualifica
o il verbo che lo agisce.

e allora mi dirò:
é tempo di una grammatica
vera.

e' tempo di ripulire la parola
e se scrivo dolore
che sia a margine.

come ogni cosa perfetta
che non ha bisogno di richiami
e non sa contaminarsi
per diventare altro.

il dolore è;
sia privo di epifonema
il verso che lo cita.

vengo per celebrarmi le ferite
e nella parola scarna
l'anafora che ribadisca il senso
e lo rafforzi.

e ancora mi dirò:
sarà questo scemare di tutte le cose,
tutte le cose che chiamo e non si voltano,
che mi trova ferma ad aspettare,
ad aspettare, sempre.

e un mondo, il mio,
caduto ai piedi
senza conforto, mai.

vengo per celebrarmi le ferite
con una lingua conforme
alle mie labbra, finalmente.

parole da fissare su fogli bianchi,
per un discorso che sale
e l'agnizione che vale.

e allora si
che saprò dare un senso
al dolore, anche.

§§§

«Quando la parola si farà corpo
e il corpo aprirà la bocca e
pronuncerà la parola che l'ha creato,
abbraccerò questo corpo e
lo adagerò al mio fianco
hezi Leskli. E' tempo di una grammatica più vera, di una parola che balzi dalla sequela di inutili parole .»
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