Io giù a romper ragnatele
a spaventar cinghiali
ed insegnarle il passo.
lei come un'ape
volava sulle more
ridendo le mostrava
strette tra i bei denti.
poi quando il sentiero
dentro i muretti grigi
passava sotto il fico
lei mi porgeva aperto
il frutto più maturo.
erano dolci le sue labbra
bagnate di rugiada
e fresco il suo bel viso.
Si scendeva
tra sassi levigati
e rami consumati
tra l'alloro, il corbezzolo
e sfrascar di merli.
lei agile come una gattina
io attento a non cadere.
il mare si stirava
sul letto dei gabbiani
rimanemmo zitti
lei mi sembrò felice
di essere arrivata
quando poi li vide
pronti per andar via
aprì le sue ali grandi
e m'invitò nel volo.
ma io rimasto solo
dentro quell'acqua fresca
respiravo piano
bracciata dopo bracciata
scoglio dopo scoglio
a ritrovarla ancora.
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