Sigillai ermeticamente in un forziere
le inconfutabili carte della tragedia umana
e scomposi soltanto la parte stolta,
ingenua e puerile di un sogno impalpabile
scrissi lettere di trasparente sofferenza
e le rinchiusi in una scatola scevra di memoria
per sottrarre ai giorni della vita futura
le stagioni passate di astruso tremore
arai solchi di candida giovinezza
tra l'asprezza avversa di futili dolori
quando anche la natura m'inimicò l'odor di quiete
e disperse le lievi fattezze della mia avventata bontà
attesi ognora nella penombra di istanti spossati
ardimentosi refoli di pacata speranza
che mondassero la linea del mio pigro disordine
tra le fauci spalancate del tempo cupido
distolsi la vista da luminose scie affioranti
e svanii nella fugacità di sentimenti indistinti
e quando un fiore di luna m'indico la giusta via
ero già accecato dai cupi fermenti della notte
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