Sul ciglio si accorcia Asif
e cola lento nel fosso
un flusso rassegato
di frammenti rubescenti:
lo sfacelo traumatico
di queste gambe
diventate impraticabili
non gli impedisce
di graffiare ancora
con unghie troche
il cielo di Raqqa
lordato di nero.
Non ci sono lenzuoli
per coprire le vergogne
lasciate prosciugare
al sole d'agosto,
solo le mosche nascondono
questo folle scempio
e rade capre rasentano
le mulattiere del ritorno.
Stasera, dopo aver
telefonato a Irina
e consumato in fretta
questo freddo shashliki (1)
mi domando quali consigli
possiamo dare a questa gente
prossima al non ritorno.
Fossero ancora conservate
coordinate di tempo e spazio
di questo universo inflazionato
che senso avrebbe richiamarle?
E' saggio richiamare al mondo
una tragedia come questa,
un dolore così grande?
(1) piatto di carne georgiano