Mosaici di luce accesi
ardono sul pavimento.
Poi echi soffusi di voci lontane
violano tende e persiane,
batte alla porta il giorno.
Il soffio di chiarore piano
smalizia i sogni sinceri,
che sanno di desideri,
di terra promessa
d’attesi ritorni,
di vita sperata.
Ora di confine nella
breve penombra,
tra i disinganni
dei giorni concreti
e i meno crudi lidi
che mi regala il sogno.
Linea appena accennata.
E m’incammino nel mattino
che raggela nel meglio
che non viene, sospeso
sulla strada dell’attesa,
in questo cieco andare dei miei passi.
Sono mille i passi spesi
quant’altri ancora?
É realtà il vagare rinunciando
contando le occasioni perse?
É realtà scavare solchi d’acqua
per tumularci ore e anni?
Poi quando la notte giunge
sono soltanto sogni vacui,
spazi di senso dentro
orizzonti inesistenti?
Forse è così!
Qualcuno mi dirà di sì,
ma quel confine m’appare
sempre più sottile, corroso
dallo scorrere dei giorni.