PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 31/07/2008
poi
uscii fuori per sentire il buio che gorgogliava,
era come se avessero tolto il tappo
e qualcuno provava a tapparlo con un tallone
ma l’aria si era stancata di tutto quanto
e così risucchiava scoreggiando in acqua
silenziosamente oscena
protetta dal buio
senza tuonare.

noi abitavamo in un caseggiato
di vecchi barili implosi
felicemente secchi
vestiti a scacchi
animali da balcone
senza più udito,
ma in qualche modo non importava
li amavo
forse perché sembravano distanti da tutto
protetti dal vortice
invisibili e docili,
girandole bianche.

fuori la vita era un sottomarino capovolto
lentissima blu
scura e umida
misteriosamente insignificante;
un’alga immobile
scossa nel sonno
da onde acute nascoste di sirene criptate
vergini ansiose di esser pescate
le squame nude
aperte fuori dall’acqua
oscene per gli occhi vogliosi
di pescatori impauriti
senza ancore di difese
chiamati a vincere dalla natura
sotto il sole
senza ritorno
ne’ un faro di convinzione.
voci stridule a farsi coraggio
come il grasso urlo del nulla
che violentava il suo sesso di sabbia.

trovai da sedermi su una panchina ai bordi
disassata al buio dal buio,
al riparo dal fuoco
delle coppiette di trincea
che militavano ovunque.

era la stessa panchina in cui poco prima
avevo visto un vecchio sulla sedia a rotelle
seguire calmo come una silhouette saggia
una partita di tennis.

non volevo pensare ma
sapevo chi era e mi avevano detto che quel vecchio da giovane cercava
di “giocare a pallone” con le stampelle
ma era malato
cadeva e si rialzava
cadeva e si rialzava,
poi suo padre morì
ucciso
una storia di tedeschi
rappresaglie di notte
in cui ti svegliavano in pigiama
in fila contro il muro
e la morte arrivava lì nel tuo giardino
nel viale di casa
a domicilio
come un esempio atroce,
una febbre di ghiaccio
che riempiva di sangue il vuoto
di chi tornava a dormire.

non ho idea di cosa volesse dire
so solo che il paese poi si commosse
e come nei film
fece una colletta di buoni propositi
e regalò una sedia a rotelle delle migliori
all’orfano storpio
che è ancora vivo
e prima era qui
a seguire il tempo
di una partita di tennis
che era finita.

non volevo pensare a nulla di nulla
ma sono la troia dei pensieri profondi
ed insomma quella notte
c’era come un grosso senso di sabbia nell’aria
sparpagliata ed estinta
io ero uscito solo perché avevo caldo
ma lei era lì
in grossi grumi bagnati da lacrime
volgari stridule viole silenti
ognuna a rivendicare
un’estate
la Storia
una vita
qualcosa
sé stessa.

ma c’era qualcosa che non andava
era come inzuppare una tela nel vento dei secoli
proclamare poesia
e soffiarcisi il naso.

così mi alzai mordendomi il buio
accelerando il passo
dritto all’idea
assaporando il suono della scorciatoia
tagliando i campi
sentivo le parole nell’erba graffiarmi
mentre la carta elettronica ansimava precoce
e bruciava il titolo e la trachea
fuor di metafora
in una notte che non tuonava
ma se eri un bugiardo sapevi inventare
e così andò
che mi riuscii lo stesso di raccontarvi quella che era
semplicemente
la notte dei lampi grassi in cui le leccai le coscia perché si sentiva sola.
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... Questa è arte, amico. Manu

il 31/07/2008 alle 19:31

cambiano di forma le ultime due
ma è sempre una scoperta leggerti.
sono tracce di racconti, immagini che sfilano senza voler essere tagliate e imbrigliate in poche parole..
il resto lo sai
rst

il 31/07/2008 alle 22:33