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Pubblicata il 02/08/2002
Mi fermai sul monte, dopo la salita.
Contando il respiro, la vita
e le scintille
di colore, mille
di verde e d'azzurro.
Verranno gli angeli
( bianchi asfodeli
come le cime nevose lassù ).
Guardando giù, verso la discesa,
abisso frastagliato: tesa
verso il limite del dolore,
e il buio del grido del cuore.
Tra laghi di smarrita bellezza,
vuotati di infinito immenso
e dati alla materia sola,
nella pazzia del dubbio denso,
atrocemente forte,
nei campi dove più senso
non cammina,
bruciato e arso di morte.
Nell'immensa caduta:
nell'abbandono, nella nuda
mancanza inspiegabile.
Nella ricerca senza più
aria
( dove invece,
qui, è la promessa ).
Nella sfiducia più
assoluta,
dove il calice,
persa la terribile ultima goccia
- l'ultimo respiro strozzato -
dello smarrimento,
è pronto ad essere riempito
dello spirito.
E il respiro
torna nella luce del monte
per perdersi nuovamente,
poiché nel vento è solo fatua
risonanza di parole.
Si curva uomo, doloroso
ripiego in bozzolo ombroso
fetale. E cerca nuova nascita,
magia di corrispondenze
lontane, partorite in tensione,
di unione e contrapposizione.
E a mani unite verso l'alto
cerca illuminazione.
Verso il basso, onda,
lampo fuggevole che torna,
tesse narrazione.
Nella prova,
mortale cerca di fermare
il richiamo lontano,
bassa eco del divino.
Che si disperde nella valle.
Verranno gli angeli.
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