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Pubblicata il 07/02/2008
Amor che mi parlasti di ventura
Di liti ‘l sangue come la sventura
Esser non volli la torre de’ tuoi lai

Nullo conobbi allor d' ignudo core
Ostendalo di cielo spaventato
Or che renomi la ragione al fato

Cantando i sogni del tuo verde caro
Risvegli in me li giorni del dolore
d’ onesta donna che godea festosa

nel fare meco sposa la dulcinea
Bramavo, ma la sorte l’ha cangiato
Giusto quel dì ch’io te lo promisi

Me vedi adesso ne’ l’orbitante sfera
Spande e trabocca lacrim’ amare
E come mendicante in stracci lisi

per giorni e mesi ne durò ‘l vagare
e pur di ritrovare quelle membra
per lungi anni mi ritrovai lontano

senza poi giunger a desiato uopo
così lo cor mio s’arrese al peggio
Chi altre cose potea senza tal scopo?

rapita adesso sei dalla mia sorte
non più lo cielo di tuo viso veggo....
mi colga presto l'agognata morte
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Sembra Ariosto....Complimenti.

il 07/02/2008 alle 07:36

Occorre uscire presto da cotal cieca disperazione ed imboccare l'uscio della vista chiara...
Auguroni di lunga vita, mati.

il 08/02/2008 alle 00:43