L’acqua scendeva sulla pelle lucida, speravi fosse carta vetrata.
Il getto dell’acqua era solo una carezza che odiavi in quel momento…
Quasi indispettita dal senso di rilassamento che procurava la doccia sei uscita nuda
Adesso sei seduta, inerme e accovacciata, mentre giochi con un punto fisso , lontano, all’orizzonte
Le notizie in tv si susseguono tra il vociare di guerre e gossip che riempiono le pagine di un video vuoto
Giochi con i capelli e le dita, mentre fai rotare ogni ciocca a boccolo per lasciarla poi ricadere
E ricominciare la spirale ogni volta
Ti guardi allo specchio, osservi la pelle, le mani, i piedi, le spalle ritte e cadenti, stressate.
I capelli sono raccolti con una forcina, mentre piangono alcune ciocche sugli occhi.
Non riesci però a guardare il tuo viso, il volto sembra una maschera carnescialesca di un Pierrot dimesso
Riesci a malapena a guardare i riccioli neri del pube di quel triangolo violato da poco.
Non ti accorgi che le lacrime scendono copiose a brillare sui seni a chiazze, violacee come le tumefazioni delle braccia e della schiena.
Ritorni a cadere per terra in un angolo scuro, a nascondere le paure che ti hanno percosso.
Con le labbra tremanti ti rigetti sotto l’acqua, prima fredda, gelata, poi calda, caldissima per punire la femmina, la sottomissione, i tabù.
Vorresti mormorare qualcosa, parlare, gridare…ma sono solo dei versi smorzati, quasi grugniti, che
fuoriescono dalle tumide labbra spaccate e da cui si intravedono i denti bianchi.
All’improvviso cerchi di reagire, afferri un oggetto appuntito e lo scagli sul vetro antistante che riflette quella esile figura indifesa.
Cogli un pezzetto di vetro e ti metti a giocare coi polsi.
Il sangue scorre viscido, denso, orribilmente colorato, tra le cosce dove risalta il contrasto.
Godi di quella sofferenza, pretendi ancora la sfida e ripeti l’azione con le caviglie…
Adesso le impronte dei piedi son nette mentre cammini e ridi impazzita lasciando le orme sparse
È quasi godere del male che infliggi a te stessa, come se volessi espiare le colpe degli altri.
Appena qualche ora fa eri distesa e imbavagliata, minacciata con un coltello alla gola mentre in due abusavano di te, si alternavano a giocare col tuo corpo e le sadiche risate ti sono rimaste impresse dentro l’anima.
Sentivi la lama leccare la schiena e poi penetrare le carni.
Mordevi le labbra, ma non sentivi dolore, solo rabbia e paura.
Infine lacerata nelle vesti e nel corpo, gettata nella cunetta ai cigli della strada, hai raccolto te stessa
Ma hai lasciato lì l’ingenuità della vergine, l’ottimismo, la gioia. Hai raccolto una parte di te, il fantasma.
Senti gridare una voce, adesso urli, ma non ti ascolti, le mani nodose, piccole, accompagnano nenie
che riempiono la stanza mentre annodi le tele e le lasci cadere…nel vuoto