Ho letto da inesperto “albero raso”
ed ho rimesso in pace la lettura
ad est ho rivolto sguardo occaso
le mani mie col tremor di foglie
dipinsero i colori dell’arsura
sgravando crudamente quelle voglie
secca è la gola che parlò d’Ermete
così per i seguaci di Buttitta
vorrei pigiar le note con l’ariete
mesce nel vaso gocce d’aria fritta
ritorno indietro e guardo la mia sposa
è bella col suo manto di parole
mi apre brame sue e della prosa
vagheggia lei di figli e della prole
che fa dispregio alla carme fia
mai e mai poi potrebbe io tradire
d’aspre novelle l’altra sposa mia?
la rabbia mi rimove, desidero morire
In fondo cosa è mai la melodia
La prosa, narrativa o la poesia…
È tutto un mare tempestoso e chiaro
Se si novella con il core in mano
È come dare voce al coda piano
Ch’eleva dolce un pianto argomentato
E i ritmi di luce accesi in volo
Rivelano le mani all’abbandono
Quel coma fresco di cui si nutre il vate
Quando dipinge in nota le sue note
Verbi però avuti come dote
Solo a colui che puote
Il grande Vate