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Pubblicata il 15/10/2007

Ho maledetto i miei
Quarant’anni
Ed ogni mattino
In cui ignoro l’esperienza
Per ritrovarmela addosso all’imbrunire
come se ogni giorno
Racchiudesse in sé una vita intera.

Quando infilò la chiave
Ed aprì la porta
Sentì in casa un silenzio insolito.
Lo sguardo della moglie gli fece capire
Che parlare sarebbe stato superfluo.
Lo sguardo si spostò sulla figlia più grande
Che con gli occhi rossi di pianto
Fingeva di interessarsi alla TV.

“Com’è andata a scuola?”
l’unica cosa che poteva uscirgli
dalla bocca impastata
tanto per dire qualcosa
qualcosa di assolutamente inutile.

La ragazza scappò nella sua camera
Buttandosi su letto singhiozzando.
Lui la seguì, ancora con il soprabito in mano
Si sedette sul letto e le toccò la spalla.

Lei lo abbracciò,
come non faceva da anni,
quand’era bambina,
senza dire una parola.

A che serve l’esperienza e la saggezza
Di un padre se non riesce a lenire
Il dolore di una figlia,
un dolore da nulla
un dolore di un amore finito.
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troppo dolorosa questa impotenza che affidi alla "terza persona" bella storia, bravo. è difficilissimo per un uomo, per un padre mettere nero su bianco queste esperienze..mi complimento. anna

il 15/10/2007 alle 11:25

Si è colti da impotenza, quando si conosce il dolore che lacera il cuore ad una persona a te tanto cara.
L'abbraccio silenzioso è l'unico passo, soltanto in un secondo momento si potrà cercare di sciogliere quel nodo d'affanno con l'uso di parole.
Un saluto, mati.

il 15/10/2007 alle 21:39

si ricorda sempre il calore di un abbraccio ,non tenerlo dentro,non si può lenire l'altrui dolore ,ma l'amore è la cura,un caro saluto ariele

il 16/10/2007 alle 03:23