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Pubblicata il 07/07/2002
Mario Basiglia era uno dei tanti
nati in campagna con la zappa in mano,
uno dei tanti campestri eremiti
ignoti alle luci di un mondo lontano.
Non conosceva le urla e i rumori,
il traffico e i fremiti della città,
di primo mattino il gallo cantava
e già lui lavorava con alacrità…
C’eran le terre da coltivare
e c’era il cibo da dare al bestiame,
Mario diceva:”per me gli animali
sono il conforto ad una vita infame”.
La povertà più nera e meschina,
quella che porta alla sete e alla fame,
si era abbattuta sulla sua famiglia
lasciando per pranzo un pezzo di pane.
Fin da bambino era stato educato
a meritarsi quel poco che aveva,
solo di rado si lamentava
della cascina che agonizzava…

Non prese donna, non fece figli,
mancava di soldi e di vita vissuta,
sbattuto assieme al padre e alla madre
in un’ Italia vigliacca e perduta…
E, di quei tempi, la mafia locale
non graziava proprio nessuno,
nemmeno un povero contadino
abbandonato al proprio destino.
L’onesto e misero patrimonio
accumulato fra stenti e sudore,
lo requisivano gli scagnozzi
mossi da un vecchio e potente impostore.
Mario Basiglia fin da ragazzo
avrebbe voluto farsi giustizia,
ma il suo nemico non amava scherzare,
per loro la morte era solo un affare.

Un giorno quando gli ebber spillato
tutto il denaro da lui guadagnato
gli si presentò alla porta di casa
un tizio elegante e un poco annoiato.
Gli disse:”sai, c’è un signore
a cui piace un po’ troppo parlare,
se tieni a tuo padre ed a tua madre
domani lo devi assassinare”.
E per Basiglia non vi fu scampo,
fu accompagnato dal povero cristo,
quei maledetti per comodità
si presero gioco della sua pietà.
Mario Basiglia sparò tre colpi
ferendo a morte l’ignaro signore,
il capo del clan gli strinse la mano,
gli disse:”hai la mira di un gran tiratore!”
Dieci anni dopo morì il padre
ed ormai Mario iniziava a invecchiare,
una madre sfinita da mantenere
ed un cuore stanco da sorvegliare.
Sempre più affranto era il contadino,
pieno di odio assieme al dolore,
pensava ancora al suo delitto
ed al vecchio capo che rise di cuore…

Dopo due mesi di sofferenza
venne a mancare anche la madre,
Mario Basiglia era malato
ma adesso più nulla l’avrebbe fermato.
Corse al comando dei carabinieri
e, senza timore né titubanza,
confessò agli agenti che aveva ammazzato,
ma aggiunse ”qualcuno mi aveva mandato…”
Il vecchio fece nomi e cognomi
perché gli aguzzini lui ben conosceva,
spiegò agli agenti per filo e per segno
dove il gran capo si nascondeva.
“E dunque sbattetemi in gattabuia
o, se volete, liberatemi adesso,
tanto di quelli non ho più paura
perché ora al mondo ho solo me stesso…”
Mario Basiglia fu messo in galera,
ma poi scarcerato dopo alcuni mesi,
e quandò incrociò il capo codardo
stavolta fu lui a sorrider beffardo:
“Sporco vecchiaccio, stupido idiota,
questo è un conto che devi pagare,
che sia tra un mese o fra dieci anni
giuro che un giorno ti faccio crepare!”
Gli diede una pacca Mario Basiglia,
uscì di prigione senza alcun clamore
e di quei mafiosi, ormai disperati,
non si prese cura nemmeno il Signore…
Il contadino finì i suoi giorni
fra i suoi cavalli ed i campi di grano,
portò i fiordalisi al povero ucciso
fino a che la morte lo prese per mano…
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