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Pubblicata il 01/07/2002
Raccontano ancora in alcuni paesi,
piccoli centri ben fuori città,
raccontan di un uomo magrissimo e nero
privo di un occhio, di un nome e un’età.
Ed i bambini di ogni paesino
che non lo avevan mai visto prima
quasi fuggivano per lo spavento
se lo incrociavano in una stradina…
Questo signore alto e gentile
e con una benda sull’occhio destro
in quei posticini faceva scalpore
per la sua benda, per il suo colore…
I vecchi trichechi e i braccianti del luogo
non conoscendo la provenienza
di quell’omone che entrava in paese
lo guardavano storto e con diffidenza:
come se fosse un evento assai strano
ricever la visita di un africano,
come se fosse un evento assai strano
ricever la visita di un africano.



Ma l’africano, senza scomporsi,
si sistemava in mezzo alla piazza
e tirava fuori dalla valigetta
carte, mantelli e cappelli di razza…
E al primo bimbo che si avvicinava,
vincendo a stento il proprio timore,
lui diceva: “non sono un bandito
ma solo un bravissimo prestigiatore!
“Guarda il cappello, guardalo, è vuoto,
io sono un mago e te lo dimostro,
adesso dal mio cilindro elegante
esce l’orribile testa di un mostro!…”
Ed ogni volta il bambino di turno,
sconvolto e atterrito dal solito drago,
diceva ai compari con il cuore in gola:
“quell’uomo nero è di certo un mago!”

E sempre col vecchio trucco del drago
il nostro africano rompeva il ghiaccio,
bastava stregare il primo marmocchio,
accarezzarlo e poi prenderlo in braccio,
perché, scattate le prime risate
e i primi applausi alla sua bravura,
non c’era più chi un po’ lo temesse
o chi di quell’occhio avesse paura…
Così per molti e molti giorni,
restava il mago nella stessa piazza,
di notte dormiva sotto le stelle
ed al mattino beveva una tazza
di caffelatte o di cioccolata
che sorseggiava al bar più vicino,
poi di giorno lavorava sodo
per guadagnarsi il suo onesto panino.
Quando una volta una brava signora
gli offrì un riparo al calare del buio
lui le rispose:”lei è una persona
fin troppo dolce, fin troppo buona.
“Ma non vede che cielo stellato
e che luna piena risplende stanotte?
Mi culleranno le amiche mie stelle
che da tanti anni mi sono sorelle…”

E dopo un mese o, a volte, anche due
riempiva di nuovo la valigetta,
diceva addio ai suoi nuovi amici
prima di andarsene in tutta fretta
verso il prossimo paesino
che avrebbe incontrato sul proprio cammino,
verso il prossimo paesino
che avrebbe incontrato sul proprio cammino.
Ed ogni volta quel vagabondo
che amava le stelle e l’avventura
si commuoveva pensando ai bambini
che aveva lasciato senza i suoi giochini…
Senza i suoi numeri e le sue prodezze
che quelli osservavano a bocca aperta,
ma lui viveva per girare il mondo
e per il fascino della scoperta…
Quando un bimbo gli chiese una sera:
“Perché non resti, mio mago nero?
Mi hanno detto che te ne vuoi andare
ma non è giusto, non può essere vero!”,
lui gli rispose: ”per me è giunta l’ora
di far divertire anche altri bambini,
ma se tu piangi e se sei rattristato
io ripartirò con il cuore malato…
“Piccolo mio, ascoltami bene,
conserva un posto nella memoria
per un signore non proprio normale
e per la sua strana ed inutile storia:
la storia di un mago venuto dal bosco
e che magari mai più tornerà,
di un uomo nero che appare e scompare
privo di un’occhio, di un nome e un’età.
Di un uomo nero che appare e scompare
privo di un’occhio, di un nome e un’età…”



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