Trovai un giorno in un prato
una rosa fiorita lì per caso.
Intorno allo stelo robusto
s'aprivano le foglie;
dalla scorza verde schiette
emergevano le spine.
E le dita sulla corolla
scivolavano di petalo in petalo,
fra le pieghe purpuree si perdevano
dolcezze sognate: dolce ti pareva,
o Bulbul, sentire le penne come strette
ad un petto odoroso.
Ma le ali del tempo battono poderose
inarcandosi, e l'alba diventa tramonto
lungo il loro profilo:
sotto il loro frullo indifferente
si spengono tante piccole bellezze.
A poco valgono le tue alucce, Bulbul,
se non a raggiungere un ramo
da cui cantare nel vespro
per la rosa che ora è avvizzita:
i petali fiacchi come gramaglie
solo ieri sorridevano turgidi,
e non trova un perché la tua voce
che modella cristalli che rilucono,
poi s'incrinano, poi svaniscono
nelle vertigini del cielo.