Sfuggono i venti alla sorte
e mi sputano in faccia
la vita che resta
tra cadaveri d'arte
e sonagli
che gonfiano l'anima,
dorme ancora il cappio di gloria,
noi, i figli di buk,
appesi all'orgoglio,
i figli della strada,
occhi in cancrena
e vita lontana,
dorme ancora il cappio di gloria
e i poeti sono polvere
e stelle di sangue
e vulcani, fiori di carne
e mistero.
Una farfalla cade, obliqua,
tra fossi e gialli acquitrini
e luci sciolte
sotto il lucernario
e dannate chimere sepolte
nella terra che succhia
le ultime preghiere di un uomo
che torna;
ho sfidato
con denti di miseria
la litania che brucia i guerrieri:
ride
la terra nera che mi nacque
in un rigurgito
di rabbia e vanità,
ma il passato non cambia,
come certi uomini,
e schiaccia
chi non salta lontano
i suoi sogni,
mentre un ragno
divora lento i colori.