Me ne vado.
Non sopporto più
queste sedie di legno grezzo
irrispettose verso i gomiti stanchi.
L'aria è pregna di schegge
e si boccheggiano graffi.
Saltello nell'ocra antico
confondendo l'odore dell'oro
con il marcio dei tarli.
Entomofobia.
Cigolano i rampini al soffitto
- non è ruggine-
sono le mie unghie appese.
Me ne vado.
Ma è come vagare in un triskele.
Dove vado, dove vado.
A sbattere, sì, a sbattere.
Forse mi dona il blu dei lividi,
ed è un continuo piagnisteo
quando il raziocinio si ristora.
E se il peso raddoppia
capita di dimenticare la fortuna
che riempie le falde essiccate.
Fai presto, fai presto.
Che la percezione di te va scemando
e non voglio lacrimare le notti
ricucendo i tuoi lembi sfatti.
Non ho più mani
per indossare ditali d'argento.
Fai presto, fai presto.