Lirica di Vittorio Fioravanti
Venere imputridita
ho Venezia nelle mie vene
ignuda sotto le dita
tra miasmi di gesta vissute
e màrcide vane esperienze
di vinte battaglie
ormai perse nel tempo
Degenere nostalgia
d'avventure sommerse
nei veleni dissolti della laguna
voglia amara d'acque
di riflussi spentisi in gola
d'una luna più sola
malata
lungo squallide fondamenta
preda d'umidi geli
e d'abbandoni
Nel fondaco oscuro
della mia mente rapita
sono negli occhi accesi
di gatti chini sul sangue
di tenere carni lacerate
e nelle nari dilatate
di ratti in fuga sconvolti
d'ansia gonfi e d'orgasmo
Ho in me l'ansare profondo
d'un rincorrersi a scatti
di bianche maschere inespressive
infisse sugli occulti delitti
e le riarse speranze già stanche
d'aspre stagioni di vita
Come ritti stendardi
ho in me i volti delle mie donne
le gonne schiuse al peccato
tra i ricami di gondole nere
oscillanti nel vuoto
Strani incontri ed incroci
quello sfuggire a stento
su pietre consunte d'uso
tra ponti lanciati nel buio
e vasti campi rinchiusi intorno
lungo calli ristrette
e muri e buchi
La Venezia che bramo
è ora nebbia e rimpianto
un canto sommesso
che s'estingue in ultime
lingue d'un fuoco quieto
un sentore di pallida morte
la fine forse
incolore
Caracas, marzo 2005
* * *