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Pubblicata il 29/06/2006
Lirica di Vittorio Fioravanti


Venere imputridita
ho Venezia nelle mie vene
ignuda sotto le dita
tra miasmi di gesta vissute
e màrcide vane esperienze
di vinte battaglie
ormai perse nel tempo

Degenere nostalgia
d'avventure sommerse
nei veleni dissolti della laguna
voglia amara d'acque
di riflussi spentisi in gola
d'una luna più sola
malata
lungo squallide fondamenta
preda d'umidi geli
e d'abbandoni

Nel fondaco oscuro
della mia mente rapita
sono negli occhi accesi
di gatti chini sul sangue
di tenere carni lacerate
e nelle nari dilatate
di ratti in fuga sconvolti
d'ansia gonfi e d'orgasmo

Ho in me l'ansare profondo
d'un rincorrersi a scatti
di bianche maschere inespressive
infisse sugli occulti delitti
e le riarse speranze già stanche
d'aspre stagioni di vita

Come ritti stendardi
ho in me i volti delle mie donne
le gonne schiuse al peccato
tra i ricami di gondole nere
oscillanti nel vuoto

Strani incontri ed incroci
quello sfuggire a stento
su pietre consunte d'uso
tra ponti lanciati nel buio
e vasti campi rinchiusi intorno
lungo calli ristrette
e muri e buchi

La Venezia che bramo
è ora nebbia e rimpianto
un canto sommesso
che s'estingue in ultime
lingue d'un fuoco quieto
un sentore di pallida morte
la fine forse
incolore

Caracas, marzo 2005

* * *
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C'è dentro la malinconia della realtà e del ricordo.
Venezia è vista con occhio indagatore nei suoi diversi aspetti e ne esce un grande e variegato affresco.
Ciao, mati.

il 29/06/2006 alle 22:53

Traspare l'agonia di una città splendida... intensa e amara

il 01/07/2006 alle 11:06