(appunti di un poeta che si crede una persona)
TERZA PERSONA
Guardate chi si vede:
un pazzo sull’orlo
di oceani in tempesta.
Ridiamo di lui che si affanna
nel far della vita insensato riposo
e intanto si sbronza…
La chiamano come?
La contemplazione…
Diciamo piuttosto:
l’inutilità…
Di certo non ha una ragazza
famiglia sbandata
che pena.
Togliamo lo sguardo da lui!
Accidenti, per poco
guardando quel pazzo
non pesto una merda!
EXTRAURBANA
Nessuna risposta
dai muri, dal grigio mattone,
dal cielo che piove.
Lo stupido cielo che piove e non sa.
Nessuna risposta
né ora, né ieri e chissà.
Il tempo di andare e tornare
è questa l’essenza dell’essere qui:
un sonno che fiacca anziché riposare
il modo sbagliato di dire le cose
qualcosa da avere
e niente da dare
un pianto che nasce e silente scompare.
CONGIUNGIMENTI
In altri rimandi ti sei palesata:
la goccia che scende sul vetro
le garrule grida nel cielo
un soffio di vento che sfiora le foglie e scompare.
Il piglio di naufrago attonito
muove i miei passi
e ritma l’attesa un pensare in cadenza di te.
Se solo potessimo aver la sembianza
di fumo, vapore
potremmo mischiarci nell’aria frizzante
sfuggire all’abbraccio del mondo, svanire.
Invece incostanti maree ci sommuovono
vele gonfiate dal vento ci portano
dove soltanto il pensiero ci lega
e il cuore.
Un solo pensiero conforta in quest’eco
di andate e ritorni:
la luce si accende, poi spenta
ci astrae da tutto, fa il tutto da noi che ci amiamo.