Guardo ora una quercia
di duecento anni fa
posatasi sul bianco muro
d’una sporca, eterea immaginazione.
Non scorgo le vene, le braccia,
e le aperture e le foglie
all’occhio si forman le vite,
le illusorie albe e tramonti
il tramutarsi di realtà e
l’avvenimento della cinematografia.
Rimembrando l’autunno.