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Pubblicata il 26/08/2004
Fermo la notte
l'altro sogno
dell'esistenza,

la pelle in ombra
l'altro corpo
che sospira per te.

Fermo la notte
ad una stazione
le anguille di ferro
che fuggono tra lampare
le smorfie di un dieci euro
nelle tasche.

E' così dolce
andarsene
senza appendersi ai muri
come falene
in questa scomoda vita
che va, non va,
cantiere di mali
scoprendo.

Fermo la notte
quando "io sono"
immaginarmi
precedere i querili silenzi
potendo "stonare"
quanto dell'anima
alcuni comandamenti.

E' così dolce
voltarsi,
dai fontanili della notte
bere solitudine
poi che la pubblicità
riempie il giorno.

Faremo della notte
l'altro sogno
dell'esistenza.
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La notte intesa come altro vivere, negativo di un'esistere che stride i giorni con le ughie del quotidiano, e l'uno e l'altro vivere ricondotti a addendi della addizione consueta che è sopravvivere.
Versi letti e strappati.
Sergio

il 27/08/2004 alle 12:51

Caro Sergio grazie del commento nel quale infondi l'attenta lettura dei versi.....prendili come il vagabondare di una notte senza meta, ritrovando quel po' di se stessi che scompare nel giorno.
Mi spiace solo per quel tuo "versi letti e strappati", non credo il cestinarli possa morirne il senso, oppure quel strappati si riferisce al "modo" con cui li ho scritti.........non ti ho capito

ciao
Sulphur

il 27/08/2004 alle 13:20

Perdonami, il mio strappati non alludeva assoltamente a quello che hai inteso, non mi permetterei mai e non lo permetto.
Il mio strappati era da intendere come tolti dalla carta dallo schermo in questo caso e vivificati nel sentire comune. che ritrovo e che ho tentato di manifestarti.
Mi dispiace per il malinteso.
Sergio

il 27/08/2004 alle 14:09

non c'è problema, succede di comprendere male......questa volta è capitato a me

:-)

ciao
Sulphur

il 27/08/2004 alle 14:33