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Pubblicata il 30/03/2004
Sull'isola di Rina si arriva per miracolo
tra due domande casuali e una luce che cambia,
le ginestre del 1930 facevano del luogo
una pepita d'oro galleggiante
dove passava solo il vento e forse anche la neve
e mai nessuno altro.
Erano in quattro ed erano sorelle
tutte prese da un lume e da un libro
il grammofono suonava di continuo
dono del padre alla madre chiusa nella seta.
Tronchi per il fuoco e storie di nessuno
il mare era una lama di ghiaccio tutto intorno
come un pensiero che è sempre quello
uguale ogni giorno.
Ma una sera no, una sera fu diverso:
il marinaio Giona attarversò l'Adriatico
per perdere la strada di casa e trovare
loro quattro e la madre chiusa nella seta.
Sull'isola di Rina ci arrivò per miracolo
con una tempesta e due colpi alla porta
la cerata e il bel mento
gli occhi di un azzurro intenso
terribili.
Nessuno mai era venuto a cena sull'isola,
solo il vento e forse anche la neve.
La madre chiusa nella seta tirò fuori un piatto,
porcellana bianca purissima e disse:resta.
Le sorelle presero del rossetto dal comò,
il vecchio generale e padre disse:disdicevole.
Si, alquanto disdicevole, donne col rossetto rosso ciliegia che per uno sconosciuto
-un marinaio poi-
mettono su un disco e si tagliano la treccia
così con due virgole ai lati del viso
sperano qualcosa, due parole.
Il marinaio Giona mangiò con le mani
e poi se andò da dove era venuto
per miracolo, senza lasciare tracce
solo un tovagliolo sporco di sugo
e la scia di un desiderio privato e autonomo
ad ognuna di loro.
Che rimasero in quattro
e rimasero sorelle
tutte prese da un lume e un libro tranne una,
tranne Rina
che di colpo decise che avrebbe scritto la storia
dell'isola in cui passava il vento e forse la neve
e una volta
anche il marinaio Giona.
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Forse te l'ho già scritto: scrivi splendidamente bene e questa poesia è semplicemente formidabile. Complimenti a te e un salutone.
Michele

il 30/03/2004 alle 15:54