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Pubblicata il 26/03/2004
Andiamo a vedere il mare grigio perla
attraversiamo da parte a parte
il casino organizzato della città
che si morde le labbra al neon
si lecca le sue chimere di pietra leccese.
No, non andiamo da nessuna parte
restiamo sospesi come forbici divaricate.
Nei secoli di quello scatto
la scia del treno Nord-Sud sola andata
per una manciata di rubini liquidi
schizzati via da un dito punto col fuso
l'ultimo
nella torre imprevedibile del nostro comune Reame.
Che differenza fà se mi hai svegliata con un bacio?
Non abbiamo avuto tre mele e un plaid sul prato?
Non abbiamo avuto un castello pieno di risate
e flash isterici di bambini in gita?
Non abbiamo avuto un pò di Baudelaire?
I miei polsi di farina impastata
la mia treccia sciolta nella notte nero di china
il tuo cocktail che si versa sul tavolo
la tua corsa dietro un taxi giallo,
tutto questo ci è accaduto senza che ne avessimo
il tempo e l'intenzione
mentre tu ti volti
mi accade di riuscire a farne parte
come la torre saracena rientra nel paesaggio.
Aspetto i tuoi galeoni e guardo la linea neroazzurra
dove sorgerà il tuo sguardo per dirmi:
Abiura!
Al di qua delle Mura
il negramaro si verserà nei vicoli gialli
per andare a ubriacare l'Adriatico.
Quanti inutili giri di parole
raffiche di vento mi spettinano
a notte fonda ti scrivo una lettera:
andiamo a vedere il mare grigio perla
attraversiamo da parte a parte
il casino organizzato della città al neon
che si lecca le sue chimere di pietra leccese...
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