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Utente eliminato
Pubblicata il 15/05/2001
cara intima patria,
punteruolo scalfito dal vento d'africa,
cosi melensa nell'affannarsi al peggio
come il codardo che ha pudore
d' esser compatito,tu ripiegavi
i versi ostili dei canti liberi,
che senza posa scivolavano
dagli illuminati pendii dell'alpe.

il portator d'armi non rifiuto'
il tuo pane,varco' mari in cerca
di balneari vanti,risalendo il pelo
d'amorose faccette nere;
e poi sazio torno' a mendicare
nella circense parodia bellica
la virtu' di fame.

cara intima patria,
vidi quel giorno il mio cielo
di diffusione nerastra che
abbocco' alla veneziana
dischiusa enfasi.
esso diceva :
diritto al cuore,spellando carne
di vitellino scalzo verro' a prenderti,
senza clamor di lune effuse.

il mio sergente era chino sulla roccia
con la lingua sulla pietra :
cercava acqua.
io in piedi quardavo il suo corpo
espandersi e sedurmi:
avevo fame.
poi da lontano sentivo
la chiacchiera d'un folle
che col vento mi porto' la luce:
-il re nell'imbarcarsi alla vendetta,
inumidi' il solco al dolce soffio che
lo dilato' invano.-



cara intima patria sarebbe forse
meglio sedersi in controcampo
con la truppa che ti preme sui fianchi
e morir da eroi che scamiciarsi il torso
e seppellirsi nelle tombe della tua felicita' cristiana.
ma gli eroi non possono essere patrioti,poiche
questi non vedono che una sola patria:
la morte.
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