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Pubblicata il 08/01/2002
Creder che le Virtù oggi assediano ancora in cor
di chi vaga a cercar tesori umani
riverberandosi nell’anima altrui o svincolandosi dalla propria,
donandola alle prossime genti,
è un onirico pensier che m’affligge a tal punto
d’esser pronto a liber le mie eloquenze.

Or denuncio alle genti attente
con inchino gentile e con la speme di solleticar lor grazie,
il mio fragile teorema con la modestia d’un pensator folle
e la certezza d’un paroliere pazzo.

Finito e lontano è ormai il tempo in cui le genti,
con maniera spensierata,
si abbandonava a gesta gentili e doni d’amore,
allorché una impagliata sedia ed un bricco di buon vino
accompagnavano lor parole lasciate libere e scivolar per l’aeree,
girovagando senza timor alcuno d’esser intese tra le righe,
anziché oggidì averlo,
e per tal causa celar le Virtù per derisione e scherno.
I veloci comandi d’oggi consumano i nostri giochi e tempi liberi.
Poco il tempo oramai per le libere e nobili Arti.

Ma esiste chi, rubando con l’occhi e col cor
Virtù che son poche girar per lo mondo,
riesce a cantar e sbocciar l’amor in cor suo che dona,
e che trascura chi vorrà far incetta dei suoi scritti.

Possiate Voi genti aver venia delle mie sì crude parole
ed accettar con ponderata tolleranza un teorema
di chi ha mostrato cotanto coraggio.


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