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Pubblicata il 19/10/2003
I gironi del dantesco inferno ho conosciuto
pur senza che Virgilio, sommo vate,
m’indicasse la giusta via ch’avrei dovuto
seguire, ma, che voi adesso lo sappiate,
l’incedere di certo mai fu sicuro
giù per quei sentieri spaventosi
a conoscer cosa c’è oltre quel muro
lì dove non son certo i più virtuosi.
Del Cerbero, guardian di quell’anfratto,
ho temuto i suoi ringhianti musi
perché, ad un terror siffatto
ho chiesto: “posso entrare, scusi?”
Poi, abbandonata lì la mia speranza,
m’incamminai per quella selva oscura
e, quasi come fosse una vacanza,
da esploratore vero ho quell’avventura
affrontato senza pregiudizi
come Ulisse desideroso d’ascoltare il canto
delle sirene, ingannatrici dei novizi
che delle loro imprese fanno vanto.
E giunto alla fine di quel viaggio
ho capito quanto possa costar caro
se agli altri tu dai il gran vantaggio
di essere tua guida, di essere tuo faro.
E dunque, infine al mio peregrinare
ho conosciuto la mia ragion di vita,
quello che avrei, o non avrei dovuto fare,
come dovevo sanare ogni ferita.
Forte, adesso, di questo insegnamento
affronterò quanto ancor mi resta,
vivendone ogni singolo momento
tradendo il cuore, giammai la testa.
E quando mi chiederai cos’è che m’ha cambiato
ti risponderò, guardandoti negli occhi,
l’amore che, purtroppo, ho dato
sperando, poi, che ancora non mi tocchi
sopportare dolorose pene
per colpa di qualcuna come te
che un giorno hai pensato bene
di andartene lontano, via da me.
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