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Pubblicata il 01/08/2003
Nient'accadde
che non si potea volger dietro
all'antico sguardo.
Muto e sfèreo
il suo andar di notte
non si volea privar
di sue mani fioche
e al traboccar del tempo
s'acquietò il suo dire.
Non saper, non far,
chiunque domandòssi incontro
'chè non fù perìta sorte.
Al suo stridor di denti
fu calce e fiamme in coro,
si volsero tracimando
e nei suoi tormenti
del cupido risveglio
infuriò la notte.
Ma non fù così
che disconobbe il suo destino.
Fu altro l'inganno del silenzio
cui si chiese introspezione.
All'albero nella roccia
lesse ciò che nei secoli
avrebbe ingenuamente pianto,
e spense allor sua luce,
recando in sè quel peso
che allor l'avea sospinto,
copiosamente abbandonato,
in quel deserto
dipinto da altrui parvenze
che lo resero pur gentile.
Scolorando infin del ciel l'aurora,
piccol graffito, su,
nel lembo d'aurea seta
d'infinito or s'accese.
E nel suo timido,
gioioso pianto..
riscoprì sè stesso
guardando
l'azzurro d'illusion fugaci
ch'al suo cospetto assunsero
radioso volto
d'un ritratto antico.
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Grazie per le critiche..
ma.. come poeta canta..lascialo cantare..
ah ah

scusa ma hai pienamente colto il segno..

nel senso che è nata come..
espressione dell'antico...
e alcune forme che hai sottolineato
non sono state ricercate,
ma sono venute da sole.
a volte nel 2003 c'è solo il corpo..
ma la mente viaggia nel tempo..
almeno la mia eh eh eh
concedimi le imperfezioni stilistiche..
non sono un purista anzi..
un ricercatore semmai
che ogni tanto si ritrova
a fare un tuffo indietro...

'chè del tempo non vi sarà mai memoria
che non valga d'esser vissuta

saluti

il 02/08/2003 alle 09:17