Seguivo con gli occhi,
della luna il contorno
e scrutandone mancanze e imperfezioni
ho ritrovato l’eco di tutte le canzoni
che da bambina mi cantavi
mentre io,
ginocchia strette in quelle mani troppo grandi
dall’alto delle spalle tue
scoprivo il mondo
e m’accorgevo allora soltanto
di una luna raramente piena
in equilibrio nelle sue tante forme.

scoprivo il vuoto,
e dello spazio libero
immenso
solo e ridente al cospetto d’un confine,
che non conosceva il volto della fine
mi sentivo parte anch’io.

dalle spalle tue
tu
io
e le mani tue.

non avresti mai permesso che io
della prospettiva ignara
mi perdessi la bellezza della logica del mondo
tu che mi hai concesso di inciampare
sui gradini che portavano alle grandi prove
d’una vita sempre troppo poco lineare.

loro erano lì
sole ad attendermi
io mi voltavo
certa del tuo esserci
e mi volto ancora adesso
faccia a faccia con quel vuoto che hai lasciato
ch’io riconosco essere
solo spazio libero.

oggi arrivo in ritardo alle chiamate della vita
ma ci arrivo
tenendo chiusi i pugni
stretti nella morsa d’un ricordo
perché le mani troppo grandi son diventate mie
e le ginocchia tremolanti
che reggono il peso
dello spazio tutto
a volte cedono
per orgoglio offeso
per dolori ignorati
per tutti i giorni sfigurati dai miei tanti avrei potuto.

ferma ad un infanzia che rifugge
a terra m’accascio
è la fisica del dolore che batte i piedi sulla mia schiena
ma dal basso del mio mondo,
io ancora vedo il cielo
e quanto spazio tutt’intorno
mentre a volte il mio è ristretto
angusto
ma io resisto
e nel ricordo d'una presa sicura
ancora esisto.

m’affaccio alla finestra
è la speranza che si tiene stretta
della luna ancora seguo il contorno
e se sto bene attenta
stasera
ci scorgo il tuo volto.