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Pubblicata il 26/01/2023
Mi sono costretto
in distinzioni altrui
distinzioni poetiche,
rigide etiche
il ravvicinato fare,
l'andare circoscritto,
il manicomio degli ingiusti.

e mozzato,
il dito che puntavo verso il cielo
non mi restava che guardare in basso;
per l'altri,
asfalto sicuro
per me l’oscuro impenetrabile.

dove, la radice?

storpio e malandato,
ho cercato
sempre cercato,
e rivendicato ancora il mio diritto,
l'appartenenza ai non detti,
ai censurati,
ma dov'erano andati?

dove, quei luoghi?

dove, i dimenticati?

alzavo gli occhi al cielo quando solo
e con vergogna
cercavo altro, e se d'altro c'era traccia
io ancor mi vergognavo,
e in quelle distinzioni poi mi nascondevo
piangendo e cantando,
canzonette lontane
sentite chissà dove,
posti dimenticati,
dove tutti i sogni andati trovarono riparo.

rifugiati politici,
esiliati
dai volti sfigurati,
non era vanagloria,
visionari, folli
cantori
di quelle canzonette genitori
le radici,
inestirpabili, tenaci.

li sento tutti dentro,
tutt'intorno
e quando mi nascondo,
preservando, prezioso
l'istinto del mio sguardo,
ad uno ad uno li carezzo,
e sulle loro lapidi è polvere soltanto,
è mistura,
l'odio che cova,
che sterile,
insiste
ma spazzato via dal vento
librante e foriero,
non resiste: s'erge fiero
lo spirito dei grandi.

li ricordo tutti,
e ricordando,
intesso reti vagabonde
sperando che portino il disperso,
il pazzo, il depresso
fuori dei loro confini,
dove al bando delle distinzioni
è libertà,
è essa sola
gemente, incredula
genitrice;
è lei
l'unica radice.
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Profondità Perpetue

il 27/01/2023 alle 01:16

Memoria, libertà e parole. Sempre vera poesia.

il 27/01/2023 alle 10:15