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Pubblicata il 01/10/2022
Rompendo
quegli argini
che nel mio delirio
credevo
potessero reggere
l’impeto degli anni
come un fiume in piena
la paura
esondava

senza ostacoli
ogni cosa travolgeva
annegando residue speranze
piccole certezze
gelosamente custodite
nel forziere
di una consunta quotidianità

un’unica
martellante domanda
la mia mente assediava
come un grido
riecheggiante
nell’antro oscuro
di una notte senza fine

come
prosciugare
quella palude di dubbi
striscianti inquietudini
che
da ogni porta
ogni finestra
incessantemente
nel mio mondo tracimavano?

ma
più di ogni altra cosa
come
sopravvivere
alla fiumana di morte parole
alla seduzione di quei volti sorridenti
di quei lontani gesti di tenerezza
soffocati
nelle pieghe
ormai disseccate
della memoria?

forse
era tempo
di lasciarsi portare
abbattendo
con un ultimo gesto d’amore
e di coraggio
quegli argini residui
che
sospingendomi a forza
nelle labirintiche illusioni della follia
al dolore di esistere
mi incatenavano

era
tempo
di morire
a quella morte strisciante
di frantumare
il simulacro della colpa
era
ancora
tempo di vivere

.......................................................

poesia scritta cercando di immedesimarmi con una persona anziana a me cara, rimasta sola e in balia di volti e parole che da uno schermo, raccontano una realtà sempre più distopica e folle, e che per uno scherzo della percezione, appare così vicina da tracimare dalla televisione sommergendo ogni residua parvenza di vita. Persone quasi dimenticate che risorgono per abitare oniriche visioni, frammiste a improbabili fatti di cronaca, laceranti come la colpa di essere sopravvissuta alla morte dell’amato. Moderna ambientazione dell’eterna storia dell’anima, fatta di morte ed amore, gioia e dolore.
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Bellissima, intensa. Ciao Miraer

il 08/10/2022 alle 08:48

Ciao Lucy60. Grazie.

il 08/10/2022 alle 14:42