Perpetua domanda ricorre. S'insinua, si attacca. Pugno chiuso mai dolce, sovrasta, si svolge. E diventa muto perché. Sulle sue labbra. Il desiderio non trova elementi. Lasciandosi cadere. Di materia contenuto fragile, non scritto. Ciò che cade, non è più quello che era prima di cadere. Umanità in frammenti. Il cui piangere produce colla. E una sola lacrima non basta. Il corridoio insegue le stanze. E le stanze si nascondono dentro mura. Nessuno vede, nessuno ha visto. Ciò che prende, l'afferra. Ciò che guarda, la vede. Ciò che sente, l'ascolta. E procede. Incessante. L'enorme vastità palese. Satura. È un buco. Grande causa. Per terra è un chiodo caduto. Approssimazione di un mondo. Perché non può esistere? L'ingorgo esplode, presente. Avanti che insegue l'indietro. Un salto, traballa, subito un piano. Nel passo di tela strappato dipinge di nuovo. Grigio lievitato colore, tenue raccoglie. Si spezza, rallenta. Si scusa e un pò muore. Ricorda, mille vite, nessuna. Ingombra. Ed è tutto lì l'inutile niente. Soverchia il vento dell'anta. Sdrucita di idee, impassibile, lesa. Prorompe. Dalle sue mani un tremore. Dai suoi occhi, un ostacolo. Dalla sua mente, un'eco. Al contrario. E ricava. Ricamo silente. Cucito assale un cuscino, la riposa. Si sveste e poi dorme. Indistinto, fugace, reale, che sovviene, la sviene. Ed è subito pronta. Inopportuna dentro un cassetto. Ragione non vuole ragione e affronta. Si allunga, si accorcia. Rimuove la singola sedia, la guarda, la studia. Trincea di qualcosa. Esecuzione di un ordine mai avvenuto. L'utile parola della guerra per qualcuno esiste. E consente, un cielo che fa finta di niente. Stormo di uccelli. Dietro il suo mondo, l'ultimo uccelli non vola. Si distacca comunque. Penetra nella materia il suo opposto. Ed è subito incontro. Nel vento che plana. Felice.