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Utente eliminato
Pubblicata il 17/06/2022
Non ho mai capito come si facesse,
e come poi realmente si fa,
se deve farsi,
a lasciar andare: li scrutavo,
quelli ai quali riusciva come se fosse vocazione o cosa simile, e per dispetto,
quasi animalmente accigliato,
mi costringevo anch'io.

leggero, son nato
mica vuoto,
ma devo essermi costretto fagocitare, ingordo
inessenzialità, per imparare a lasciar andare,
se deve farsi.

collateralmente,
ogni parte del mio corpo, dall'anima chiamata ad essere ( Wesen lassen)
non faceva che trattenere: i pugni stretti,
la mandibola serrata, l'empatia perduta.

camminavo per strade desertiche con l'occhi puntati al suolo ardente,
non sopportavo che le cose, pur cartacce sporche che fossero
bruciassero al sole, per sé stesse sole, ripudiate, perdute; tutti sinonimi,
questi, del lasciar andare che violentemente mi ero ammaestrata ad eseguire.

raccoglievo ogni cosa, e me ne facevo carico.

m'ero alleata con le furie, mandrie di genti che s'avviavano a morire leggeri.

mi voltavo, animata dal più alto dei voleri, il non-volere assolutamente che un artificio fosse più della stessa vita.

un volere impavido, arrogante, insistente; il fetido marchio dell'artificio.

e, seguendo natural corrente, ho pensato che dev'essere così,
il più alto dei voleri: l'non volere assolutamente.

ci si inginocchia, si segue la curvatura,
e v'è l'inchino, come a ringraziare una vita che non pare mai così alleata nostra come all'ultimo spiro,
e naturalmente la curva s'arresta.

perché, dunque, lasciar andare?

custodite, vi dico.

donde, ti chiedo, la necessità di sputare dolori nel terreno colla speranza disperata che concimi l'più bello dei fiori?

chinati, e docilmente semina.

io volevo morire pieno, fatto gigante dall'esperire minuzioso d'un piccolo uomo venuto al mondo, dell'infinitesimale irrimediabilmente attratto.

volevo morire pieno, venuto al mondo nudo, mica vuoto.
e con la scintilla dentro, preziosa vocazione infausta; l'ho compreso poi,
di dover essere sì uomo, ma mai troppo umano.

volevo essere concime.

o leggerezza perduta, ti chiedo perdono.

solo,
nudo
tengo i palmi delle mani rivolte verso l'alto, chiudo l'occhi e spiro,
respiro
sento in me scorrere la vita,
sorrido mentre abbraccio la linea d'una esistenza dall'obblighi spezzata,
nel tentativo d'aggiustare tutto quanto era perfetto in sé.

quale follia d'urgenza, quale assurdità.

questo, Wesen Lassen.

un bambino nudo, gettato al mondo dal senso
dato in pasto a febbrili maiali affamati
che, scampato alla morte
scova un posto nel porcile suo, e lascia che il pianto si plachi.

venuto al mondo quello impara a ridere,
e comprende che ha imparato, sia pure per grazia del bios
pure piangere, e che nulla è venuto da sé: l'caso non esiste,
ride,
e spaurato piange.

fioriscono le rose pur nel porcile,
e se lo sguardo si fa attento, all'orizzonte, roseti tutt'intorno.

l'caso non esiste.

ride, s'accascia al suolo
e vivente si lascia essere,
nell'essere, mischiato all'etere
per sempre.
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Lasciare andare o esser concime? Mi ripugna esser concime, mi atterrisce lasciare andare.

il 17/06/2022 alle 19:00

Il tutto serve al niente quanto il niente al tutto, ma certi di quel che sono, convivono. ***** Piaciuta. Alcide.

il 17/06/2022 alle 23:24

Ardita e ardua. Posso solo farti tanti auguri.

il 18/06/2022 alle 09:02