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Pubblicata il 08/04/2022
Al chiaror di un’alba linda,
c’era una sedia
in mezzo al Maggiore,
con una gamba scassata
e le rughe sulla legnata,
contemplava quella visione,
d’una pace e grande clamore
che la rilassa dai ricordi,
di quella famiglia di quel calore

mentre ella guardava,
la scura l’accompagnava,
nella sua vita,
fece sedere,
donne, Uomini, Vecchi e Bimbi
ed ora zoppa e ormai anziana
da loro è stata abbandonata
cosa diranno le altre sedie,
di vederla senza un perché?

venne un pesciolino,
dal colore rosso acceso,
che le chiese con garbo illuso,
che ci fa ferma al centro?
non disperare cara mia,
devi avere quel chiarore,
ricorda che tutta
quella storia
e passato, guardiamoci adesso
ella rispose quindi,
che non valeva per la sua vita,
lui potava ancora a stare a nuotare
e scoprire l’immenso dolce,
io avevo un compito solo,
ed ora che sono distrutta,
cosa vuoi che sappia fare?
ho perso taluni,
i miei cari

se non ho un bel niente,
ho finito l’ambizione,
ho completato l’obbiettivo,
cosa devo continuare?
tu almeno hai una vita,
un lavoro, un impiego,
hai sempre un gran da fare
perché sei fermo a parlare?
ti ringrazio per l’attenzione
ma son piena di tensione,
mi rimane solo il paesaggio
e il ricordo in un miraggio

il pesce si congedò,
con la tristezza che lo guardava,
si ripeteva che era vero,
che non doveva scomodarla,
se ha perso l’utilizzo,
qual è il senso?
di scomodarla
e di spronarla
finirò anch’io sulla sua baia?
per me è tutto un mistero,
e posso vedere tutto in vero,
quel peso insistente
lo percepiva irrazionale,
non sapeva cosa provare

di quel gran peso,
invisibile

essere una sedia rotta
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