Nell'interspazio tra una paura e l'altra,
c'è un silenzio fatto di specchi,
che fragili,
riflettono l'immagine di chi, da una vita,
zittisci,
fingendo d'esser figlia d'altro padre
pur di rifuggire ai bisogni d'un anima,
e del suo rimuginare,
su cose mai afferrate
gioie sognate, città immaginate
grattacieli alti, più de' cieli,
da cui poter guardare
un mondo che se ne sta,
zitto e ignaro,
tutto intento a lavorare;
mentre tu ferma,
affili le lame di rasoi
sognando di darla vinta alla paura,
mentre su di te si posa,
l'ultima nuvola d'un cielo tutto rosa: è estate, il tramonto accompagna la tua malinconia stanca,
il bagnasciuga sente la vita dei tuoi piedi
che tanta strada hanno fatto,
e notti sopportato
per posarsi su di lui.
tu,
donna
afferra la gonna,
stipata nel cassetto
sfila i soldi alla tua vecchia madre,
accendi l'auto scordata negli scomparti della tua mente da ragazzina,
quando nei pomeriggi di scuola
mandavi tutto alla berlina,
e respiravi,
finalmente, respiravi.
vivi i tuoi giorni,
accarezza quei sogni,
porgi l'orecchio all'anima stanca
e canta, note d'amore, tieni vivo l'ardore,
accendi l'foco ch'hai nel cuore.
ti guardo dalla finestra,
mentre maldestra
cerchi di bruciare un altro giorno
per guardare il cielo, e al tramonto dire: "è andata,
anche oggi è passata".
se questa è vita,
va pure,
falla finita,
sappi solo che,
tra le note d'un esistenza stonata
sta là, stipata
quella che ti manca,
cui tanto aneli:
è la nota tua,
che come l'inno di Mameli,
t'aspetta per un'ode
l'ultima o la prima,
ad una vita nuova che s'avvicina.
affacciati alla finestra,
respira,
sospira, mira, rimira
in quello specchio mondano,
c'è una sagoma di donna
sulla cui gonna,
si posano lagrime:
le gambe incrociate,
parole posate
una vita tutta spesa per l'attesa,
d'un merito.
ma allora dillo,
dillo che vali,
spiega le ali
chiudi l'occhi,
abbandona gli specchi
e rifletti,
la tua luce di gioia
nel biancore d'un cielo,
che oggi è lì per te,
a sconfiggere la noia.