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Utente eliminato
Pubblicata il 02/12/2021
Donne e Pascoli
o sulla libertà di andare

sento l'ombre sotto i piedi,
tramonti, passi, cieli,
e vita si fa morte,
ma poi i ciliegi in fiore,
l’odore delle torte,
sfornate da donne, che sovversive,
le mangiano schive,
accovacciate su pavimenti freddi,
di case vecchie e vuote,
dei ricordi remote.

sintesi d'alterità ineccepibili,
inconciliabili volti indivisibili,
composti se ne stanno nei loro sguardi,
scossi dal tempo,
che controvento si beffa dei giorni,
quei pochi,
che per amare restano:

«Quanto ancora abbiamo,
chiuse dentro questo pascolo?»

pecore disperse,
da un padrone,
rimesse,
entro un covo di diavoli,
e l'ingranaggi aridi, l’avanzar del tempo
inutilità di corpi, eccedenza d'animi.

altrove, l'esistenza si china,
è divina la schiena di donna nuda, che da corpo morto prende vita.

È giorno,
libere donne vanno,
e quel pastore è forse morto,
poco importa al cor che sogna,
che di vivo, o di morto,
si beffa andando.
e allora quello va’, finalmente libero,
coi ciliegi in fiore,
gustando la vita n’mezzo a miliardi di persone,
è un ricordo la solitudine, che qualche volta pure anela,
ma può dirsi libero
al riparo da quel gelo;
e la calura estiva, l’eco d’un dolore,
che passo dopo passo si fa ardore: sono viva,
e anch’io vado, neanche l’core mi riparo
il dolore non lo schivo,
m’è compagno
m’è vicino.
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