La fine del secolo scorso è stata caratterizzata da aspettative esagerate. Un'umanità baldanzosa non aspettava altro che il nuovo secolo per compiere quel salto enorme che l'avrebbe scaraventata nell'ignoto. Una nuova era nella quale anche le coscienze si sarebbero svegliate da un torpore inquieto e appesantito da polvere e fardelli echeggianti gli spettri del passato. Anch'io mi trovavo in questo stato di dolce attesa, sospirando malinconico ed eccitato per le nuove possibilità che ci sarebbero state offerte dal futuro. Poi le cose sono andate diversamente, a cominciare dall'undici settembre del 2001.
Dal cassetto della memoria, ho estratto una canzone di quel periodo, era il 1999. Una semplice ballata esistenziale che a quel tempo ascoltavo senza neanche prendermi la briga di tradurre il testo in italiano. "Perché il mio cuore soffre così? Perché la mia anima soffre così? Queste porte aperte...Queste porte aperte." Un elettro gospel in tre semplici strofe ripetute in continuazione, fino alla fine.
Questa è la canzone che mi ha accompagnato nel "passaggio" da un secolo all'altro: "Why does my heart feel so bed", un pezzo triste, struggente, martellante. Col senno del dopo, questo pezzo di Moby, mi suona adesso come un monito: "Non esultate, ragazzi, per l'avvento del nuovo secolo, perché non sarà tutto rose e fiori, ci saranno attentati, guerre, pandemie, molta gente perderà il senno, e chissà cos'altro. Le porte si apriranno sul futuro, ma il mio cuore continuerà a soffrire...".
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