Mi piace, quando cala il torpore
della notte, e le auto, più rare,
lasciano ampi spazi di pace,
affacciarmi da una buia finestra,
invisibile ad occhi eventuali
di passanti sparuti, frettolosi,
e ascoltare la pioggia: indovinare,
più che vedere, le case riflesse
nelle inquiete pozzanghere nere.
E l’odore d’autunno annusare,
da goccia a goccia, a terra, sulle carte,
sul selciato. E respirare la pioggia
e la notte, lentamente, con gli
occhi socchiusi e le mani ferme,
come placato.